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FAMAGUSTA, RACCONTO DI UNA STORIA

ti ci potrebbero volere 15′ minuti di lettura; però ci sono molte foto, è una storia che richiede tempo

Per Pietro, Famagusta era solo un bizzarro nome di via in un quartiere periferico di Milano Sud, abitualmente non ci andava, né lui né i suoi amici; dal centro doveva prendere due tram per arrivarci, ed obiettivamente non avevano motivo di spingersi oltre i navigli. Semplicemente a viale Famagosta non accadeva molto.

Quando nel gennaio del ‘74, sua madre gli disse che quell’anno, dato che le vacanze di Pasqua cadevano a metà aprile, si sarebbero presi qualche giorno “tutti assieme”, e che per l’occasione ci sarebbe stato anche papà, Pietro era confuso, molto: sarebbero andati a Famagusta.

Perché dirglielo con così tanto entusiasmo ed anticipo? In fondo sarebbero andati a meno di un’oretta di tram da casa loro. Che bisogno c’era di prenotare? Di andare in agenzia viaggi? Dieci giorni poi? Come avrebbe fatto con la scuola? La seconda ginnasio può nascondere insidie.

Fu un giorno di metà febbraio, tornando a casa da scuola, passando davanti ad un’agenzia viaggi di Via Cairoli, che Pietro realizzò cosa sarebbe accaduto di lì a poco. I suoi lo stavano portando in un paradiso, mica in quel sobborgo grigio di periferia, già ma perché non glielo avevano detto subito? Almeno dalle foto così sembrava, quella cittadina in riva al mare in un angolo recondito del Mediterraneo. Avrebbe fatto Pasqua a Cipro! Ora era entusiasta anche lui, non vedeva l’ora di raccontarlo ai suoi compagni di classe al suo rientro.

Visit Famagusta, vintage edition

                Despina incontrò Pietro nella hall dell’Hotel King George. Fu lei a chiedere al padre di Pietro i documenti, in un perfetto inglese dall’accento british, per effettuare il check-in. L’ uomo glieli pose distrattamente, mentre la ragazza alla reception completava le operazioni. I tre nuovi ospiti si soffermarono a leggere i titoli di un giornale internazionale, parlava di tensioni in Medio Oriente, si ambientarono subito dell’elegante sala comune, con televisore a colori di ultima generazione.

Fu proprio Despina a consigliare ai nuovi arrivati sull’Isola la spiaggia vicina per andare a rinfrescarsi, ed il Caffè Edelweiss, in centro, per una bibita. Senza malizia, gli suggerì il classico posto “da turisti” con i tavolini fuori dove lei non sarebbe andata mai, e la spiaggia più vicina all’Hotel, 1 minuto a piedi.
Despina ha circa l’età di Pietro, e durante i periodi di apice, come la Pasqua e l’estate, dà una mano a suo padre Costantinos sbrigando diverse faccende nell’Hotel di famiglia.

Famagusta
il litorale di Famagusta primi anni ’70
Ph. Cyprus Mail

                Isabel, frequenta il King George da metà anni ‘60, è amica di Costantinos ormai, la prima volta ci venne quando i suoi figli erano ancora piccoli, ora sono cresciuti e ormai non la seguono più. Le piace starsene da sola, specialmente a Famagusta.
Quell’anno a Maastricht è stato un inverno rigido, ed ha deciso di concedersi un mese intero in primavera nel suo posto preferito. Ha molti amici e conosce a menadito la città, specialmente la parte antica dentro le mura veneziane, dove vi erano alcune botteghe artigiane. Si era comprata un bellissimo cappello da sole color nocciola.

Al di fuori delle mura, direzione Sud, Isabel ha visto mutare la città di anno in anno. La spiaggia diventare più densa. È come se il lembo di sabbia si fosse a mano a mano raggrinzito. Pieno di ombrelloni, già ad aprile! La città sta diventando diversa, più affollata. Era da qualche anno che c’erano dei cantieri in effetti, ed in particolare negli ultimi 5-6 aveva visto comparire sul lungomare enormi alberghi di cemento che portavano via il sole ai bagnanti, dato che il tramonto è alle loro spalle.

Ora che si ricorda, l’anno prima aveva scritto il suo nome in una colata di cemento fresco, era maggio e l’amministrazione comunale stava facendo i marciapiedi in vista dell’estate. Può ancora ritrovare il posto, allora qualcosa è rimasto! Era il 18 maggio 73’.

Quell’anno invece, il 1974, aveva trovato Despina cresciuta rispetto all’anno prima. Costantions invece era sempre lo stesso, solo più stanco, a tratti più nervoso del solito. Era preoccupato per la crescente concorrenza a livello ricettivo nonostante il suo hotel, seppur un po’ più vecchio stile e non a ridosso del mare, era sempre pieno, per lo più svedesi, tedeschi e inglesi che venivano a Famagusta da quando Cipro era ancora terra coloniale, prima del 1960. Non a caso suo padre, quando lo inaugurò nel lontano maggio 1938, decise di intitolare la struttura al precedente sovrano del Regno Unito.

Isabel, Holland, 18-5-73

                Costantinos era irrequieto, ma non per la sua attività, Isabel percepiva che c’era dell’altro, si conoscevano da lunga data ed il titolare dell’hotel non riusciva a nascondere le sue emozioni con lei. Quelle colate di cemento non gli piacevano, nemmeno i nuovi proprietari, un po’ loschi. Ci aveva avuto a che fare poche volte, ma non gli avevano fatto una buona impressione. Era sospettoso nei loro confronti. Quei nuovi edifici stavano crescendo in troppo poco tempo: hotel, banche, case notevolmente più alte rispetto a quelle tradizionali ex coloniali. Inoltre, giravano certe voci sulle condizioni dei lavoratori la dentro…era sospettoso vi fossero speculazioni.

Soprattutto era consapevole che una ventata di turismo non poteva mascherare le tensioni politiche che da tempo imperversavano sull’Isola. Aveva l’impressione che quel crescente e fiorente business era solo una meteora che avrebbe rischiato di abbagliare tutti. Non poteva stare tranquillo per le continue aggressioni ai turco ciprioti che si stavano intensificando sulla sua amata Isola, né men che meno percepiva un piano politico dietro a quello sviluppo – a suo avviso – selvaggio. La” nuova Beirut “, la “Saint Tropez d’Oriente”, così lanciavano ora la sua città nei grandi circuiti del turismo di mare europeo-mediterraneo; Costantinos si si domandava perché non sviluppavano una propria identità invece di perseguire etichette? E di certo, non era l’unico a pensarlo. La torta ingolosiva molti. E per Famagusta, è quasi sempre stato così.

Isabel ora frequentava più raramente il centro cittadino, l’Edelweiss (1) era pieno di facce che cambiavano di settimana in settimana. Per fortuna invece il Michael’s Bar (2) rimaneva ancora frequentato da altri greco-ciprioti, quelli con cui aveva condiviso molte avventure durante i suoi soggiorni precedenti. Glieli aveva presentati Costantinos

CentroFamagusta
Centro di Famagusta, fine 60′
Ph. Cyprus Mail

Avevano praticamente smesso di andare nella via principale, ormai diventata invivibile tra negozi di souvenir e lo struscio dei giovani del luogo che cercavano di rimorchiare le turiste la sera. Ci andavano giusto qualche volta, quando al Cinema/Teatro (3) offrivano qualcosa di decente e per vedere se al negozio di libri di Pavlos (4) era arrivato l’ultimo romanzo di Italo Calvino.

La sera del Venerdì Santo, il padre di Pietro impiegò pochissimo a conoscere Salvatore, il gestore del ristorante italiano “Boccaccio” che aveva da poco aperto a lato del Teatro. Salvatore fu felicissimo di incontrarli, erano praticamente i primi italiani dell’anno. Di solito il picco di connazionali che si spingono a Cipro arrivava verso fine luglio e a metà agosto. I due ne approfittarono per fare una bella chiacchierata. Quell’estate c’erano i mondiali di calcio, e gli inglesi in vacanza avrebbero bevuto parecchio. Il gestore del ristorante spiegò che aveva investito parecchio per la nuova stagione turistica, ma si aspettava grandi ricavi. In primavera aveva proceduto con il non facile reclutamento del personale in loco, formazione allo staff durata mesi sulla “cucina italiana”, la scelta di puntare su uno chef turco cipriota, l’ordine di materie prime dall’Italia (5); il tutto nonostante l’aumento dell’affitto, in solo un anno di attività. Famagusta era sulla cresta dell’onda, ma lui era – al momento – l’unico italiano ad averci visto lungo. 

Albori del Turismo di massa a Famagusta, primi 70′
Ph. Cyprus Mail

Sua madre, nel frattempo, si stava innervosendo per il comportamento di suo marito – sempre interessato agli affari – ed ora temeva il peggio vedendolo affascinato dalle parole del ristoratore e voglioso di esplorare le possibilità di espandere i suoi commerci sull’Isola. Lo reputava il solito, inguaribile, spregiudicato.
Dall’altra lato della strada Pietro aveva visto Despina. Inizialmente aveva fatto fatica a riconoscerla senza la divisa azzurra dell’Hotel King George (6). Annoiato dalla conversazione tra suo Padre e Salvatore prese coraggio e con il suo inglese maccheronico cercò di introdursi. Era con un’amica ed un altro ragazzo, stavano andando da Hoover (7), il nuovo Pub, punto di riferimento dei giovani ciprioti. Chiesto il permesso ai genitori, fu ben lieto di unirsi.

Fu una serata memorabile per Pietro, Despina si mostro molto aperte, era il primo italiano che incontrava in 4 anni di lavoro presso la struttura, lo portò anche in discoteca (8) – trovava Pietro buffo –  ve ne era una piccola lì a fianco, si scendevano alcuni scalini e… Wow!
Era la sua prima volta, a Milano non ci era mai stato in discoteca, non gli era concesso, il tempo delle mele non era ancora arrivato, già si immaginava le storie che avrebbe raccontato ai suoi amici.

I giorni seguenti trascorsero rapidi e felici. Pietro si inventava qualsiasi scusa per andare nella Hall del King George, sperando anche solo di vederla. Ci andava a qualsiasi ora, spesso la trovava sorridente ed indaffarata, aspettava che finisse il turno per invitarla a mangiare un gelato in centro. Una sera invece incontrò suo padre Costantinos alla reception, era particolarmente arrabbiato, parlava animatamente in inglese con una signora del nord Europa. Doveva sicuramente averla già vista da qualche parte, o sicuramente aveva già notato quel cappello appariscente, ma era come se il suo cervello fosse annebbiato ed avesse occhi solo per cercare Despina.

Postcard_Famagusta
Cartolina di Famagusta
Ph. Cyprus Mail

Sul finire della vacanza Pietro si divertì con sua madre a comprare le cartoline da mandare in Italia (9). Aspettò l’ultimo giorno per procedere ad imbucare le cartoline nelle cassette delle lettere gialle, marchiate ancora British Post. L ’ultima sera aveva cercato Despina, all’indomani avrebbero avuto il loro volo di ritorno dall’aeroporto internazionale di Nicosia; la ragazza lo aveva portato nella sua spiaggia preferita, davanti al club nautico (10). Tirava una brutta aria in riva al mare, c’era un temporale all’orizzonte, veniva da Nord.

Pietro era triste, si era appena congedato con Despina, promettendole che sarebbero tornati nel suo Hotel, magari già in estate a settembre prima di ricominciare la scuola, o magari l’anno prossimo. Una cosa è certa, Pietro avrebbe fatto di tutto per convincere i suoi genitori a riportarlo da lei. Sapeva dove trovarla.

Era l’ultima sera, e proprio quella sera successe che vide sua madre discutere animatamente con suo padre nel giro scale. Si rese conto che qualcosa stava cambiando irreversibilmente, che forse non sarebbe stato così facile tornare lì tutti assieme. Era stato troppo occupato negli ultimi giorni per osservare il degenerarsi del rapporto tra i suoi genitori, già burrascoso da tempo. Erano stati degli illusi a pensare che una vacanza avrebbe potuto rasserenare gli animi. Il viaggio di ritorno con Cyprus Airways (11) fu un incubo. 

Le turbolenze interne alla sua famiglia furono peggiori di quelle percepite in volo al decollo sopra l’Isola, forse era solo un presagio di quello che avrebbe visto trasmesso sulla sua nuova televisione a colori, in merito a Famagusta sul TG1-RAI una sera di metà agosto.

D’un tratto il racconto si interrompe, e lascia spazio alla storia. Si è interrotta bruscamente la vita della città. Si è interrotto lo sviluppo di Famagusta, e con esso, il precario equilibrio dell’Isola. 

Quel Ferragosto i clienti al Boccaccio non sono arrivati. Quel Ferragosto non è arrivato per nessuno, per Despina, per Costantinos, per il gestore di Hoover, per le cameriere dell’Edelweiss, per Pavlos il libraio, per chi faceva la stagione al negozio di souvenir, per chi lavorava nei cantieri (12), per gli addetti del Teatro, per i banchieri (13), per i clienti del Michel’s Pub, e dell’enorme Hotel Riviera. Per tutti i 40mila abitanti di Famagusta e per le migliaia di turisti internazionali, la vigilia di Ferragosto è stata un incubo, molto peggio di qualche turbolenza aerea. Si è trattato di un esodo, ma non di quelli turistici da bollino rosso, un esodo di rifugiati dettato dal terrore. Un arrivederci a mai più.

Oggi a Famagusta rimangono i ricordi, rimane il cemento (14), rimane il sole e la natura che si è (ri)presa irreversibilmente la città, contendendola al controllo dell’esercito turco, che dal 14 agosto 1974 vigila sulle sue rovine e sul suo passato. Rimangono i luoghi senz’anima, vuoti e silenziosi. Eppure, lo scheletro di Hoover è ancora lì, vicino alla discoteca. L’ Edelweiss splende, il King George presidia la spiaggia, il negozio di Souvenir è stato saccheggiato, come quello di prodotti italiani.

Al teatro è andata in scena la recita più surreale di tutte: l’abbandono dell’uomo.


*Personaggi e vicende inventate, luoghi esistiti ed esistenti

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