Site Overlay

I PUNTINI SULLA “I” DI INFLUENCER

Approfitto del fatto che internet sarà la prossima discarica di cui dovremo preoccuparci, dopo aver terminato di inquinare la terra, per gettare un po’ di fango e fare delle annotazioni non richieste, che ad alcuni potranno pure sembrare eccessive, ma che tutto sommato mi va di mettere per iscritto.

ti ci potrebbero volere 7′ minuti di lettura per un contenuto colmo di cattiveria gratuita

Per la categoria “prendiamocela con” oggi sulla ruota del leviamoci i sassolini dalle scarpe, vengono estratti i travel influencer, o anche non necessariamente influencer, visto che il campo è largo, insomma chiunque abbia l’esigenza di trasmettere in live streaming ogni volta che va in bagno sui social network, anche senza essere in “travel mode on“. Gli esempi che porterò saranno tuttavia applicati alla sfera viaggi, dato che questo è il tema del sito.

Come non esiste un decalogo scritto che ci istruisce ad essere turisti, in quanto ogni nostra attività si riconduce alla sensibilità del singolo, nemmeno possono esistere delle regole in merito alla condivisione delle nostre personalissime (inteso come della persona) esperienze. Dovrebbe esserci maggiore attenzione verso una determinata terminologia all’interno della narrazione dei propri viaggi; nulla contro questa pratica, legittima ed apprezzata, semmai mi rivolgo all’uso inflazionato di alcune parole ed espressioni, perché “le parole sono importanti”. Tutt’al più, un vano tentativo di denuncia di questa pratica di retorica del viaggio in tempi moderni.

L’ analisi è quindi basata sull’ osservazione di profili social di umani (non bot) che condividono attimi di vita propria o di terzi mentre si spostano.
Alcune di queste disamine sono purtroppo applicabili per lo più al di fuori dell’Italia, e più spesso al di fuori dell’Europa.

tanti concetti presto riassunti. Autore anonimo. Luogo: Carrara

1. VERO LOCAL

“siamo andati a mangiare qua, non vi erano altri turisti /eravamo gli unici…” . Ciò non fa di voi un local. Potrebbe essere un caso in primis. E se non lo fosse, vuol dire che siete stati gli unici diversi (bianchi occidentali) del posto che peraltro non capivano esattamente cosa proponesse il menù, e probabilmente avete dovuto arrabattarvi con l’inglese e la lingua dei segni per poter ordinare. Non esattamente dei local. 

“la (inserire nome di città) da veri local”. Inseriamo Roma. Specifichiamo una cosa, un romano (questo il nome dei veri local) non si fa le foto davanti al Colosseo. Se pretendi di essere un vero local quindi, cancellati le foto davanti ai maggiori monumenti delle città, altrimenti falle, ma accetta di essere un Turista, non un local.

“ho preso questo mezzo pubblico, per essere come i local etc..”. Attenzione. Hai scelto di prendere il mezzo, perché volevi vivere un esperienza local, o risparmiare dei soldi o perché non volevi muoverti con un autista privato. I local che prendono quel mezzo tutti i giorni non scelgono di prendere quel mezzo: non hanno alternative e lo fanno per necessità di spostamento, non per diletto.

Il paradosso dell’essere un vero local è che quando si prende un treno regionale in Italia ci si sente legittimati a scagliarsi contro gli eventuali disservizi prima ancora di sentire la voce metallica del “ci scusiamo per il disagio”, mentre quando ci si muove in treno in un altro paese, e questo ritarda o non arriva proprio si tende a minimizzare la cosa come “è parte dell’esperienza”, qua poverini i treni sono così. Eppure, i cittadini di quel paese hanno tutto il diritto a prendersela, come noi ce la prendiamo con Trenitalia. Allora sii local. Incazzati e non vivere con leggerezza i disservizi altrui.

Catania, Centrale

2. PREZZI

L’esibizione dei prezzi sia al ribasso che al rialzo è considerabile “ostentazione”? Dante in che girone l’avrebbe messa? Focalizziamoci su chi esibisce foto di cibo sufficiente a sfamare due persone, aggiungendo il prezzo convertito in euro di 1,54€. Avanzeró delle ipotesi su che significati questa informazione possa assumere.

  • Hei amici guardate, abbiamo mangiato tutte queste cose / stiamo per mangiare (spero la smania di condivisione avvenga a stomaco pieno) al prezzo di un caffè ed una bustina di zucchero. Foto. Prezzo. Tutto molto oggettivo e non subliminale.
  • Hei guardate come viaggio in maniera economica, senza farmi mancare nulla.
  • Hei ho scoperto il paese dei balocchi, dove la vita non costa nulla perché lo stipendio medio arriva a malapena a 100€/150€/200€ ed io sono qua a farmi le mangiate.
  • Hei followers ma perché non fate come me e venite anche voi a godere di queste offerte?
  • Ho fatto questa cosa per soli 4,38€. Questa altra per 12€. Etc etc.. = il risultato è un misto tra “guarda quanto sono furbo e attento ai prezzi” e la pubblicità della piccol.

È giusto, ed è bello che vi siano persone che aiutano e condividono informazioni sul costo della vita in altri Paesi. Essi incentivano la voglia di viaggiare ai propri follower, che magari non se la sentono di lanciarsi in “avventure”. Dopodiché ognuno dovrebbe essere libero di compiere i propri errori e viaggiare per proprio conto senza ancoraggi di prezzo mentali imposti da altri.
Andando in diversi paesi asiatici o del Centro-Sud America non vi è da sorprendersi che il costo della vita sia più basso, o almeno non nell’era di internet, dove con poche ricerche si può intuire il benessere (o malessere) del paese.

Condividere prezzi estremamente bassi può quindi risultare come offensivo e irrispettoso verso il luogo in cui ci si trova. Non necessariamente inutile, ma un atto di cafoneria superfluo: i prezzi sono bassi perchè lo sono i salari della gente, punto. Sono bassi perchè TU li guardi da una prospettiva privilegiata e dalla abitudine di avere un Avocado Toast a 11,90€ al brunch del sabato.

3. CONDIVISIONE DI LUOGHI

Il boom dei social, dei viaggi, della fotografia, del nomadismo digitale, vede coinvolta ogni parte di mondo “inesplorata”. Anche in certe zone dell’ Italia abituate ai ritmi dei suoi abitanti e non a quelli insostenibili dei turisti, la presenza di visitatori può alterare gli ecosistemi, prima che rendervi dei benefici.
Può esistere una tutela verso queste dinamiche? Possono i visitatori dei luoghi contribuire alla preservazione dei posti stessi? Non basta sottostare alle norme di comune civiltà per vedere espiate le proprie colpe, l’atto di buttare l’immondizia negli appositi contenitori è l’inizio di un azione più grande, non la fine.

La risposta potrebbe celarsi nella filosofia Urbex. Il suo approccio ha molto da insegnarci in merito alla conservazione, ed è racchiuso in tre assunti; quelli che permettono a chi visita luoghi abbandonati di lasciarli intatti per gli altri appassionati esploratori che verranno dopo di loro e potranno godere della sacralità dell’Urbex:
1. sii estremamente responsabile
2. non lasciare tracce
3. tieni la location privata
In particolare, trovo che il punto 3 dovrebbe essere applicato ed esteso verso la tutela dei luoghi più vulnerabili, quelli che reputiamo più “autentici”. Proprio perché l’autenticità è un concetto personale, sta a noi persone, turisti, scegliere di non condividere le location esatte di luoghi naturali, mentre inondiamo i social di contenuti sfavillanti.

ad esempio questo è un ospedale abbandonato, da qualche parte. Molto fotogenico

Questo principio dovrebbe applicarsi anche a Google Maps, social network più utile ed utilizzato. Con le sue recensioni e stelline esso ci guida, ma il concetto di guida va bene finché si tratta di scegliere se andare a cena di qua o di là, o dove soggiornare, le recensioni possono infatti essere utili o gratificanti verso un servizio offerto da qualcuno. Non trovo sia giusto recensire un luogo naturale in sé, dove l’uomo con il suo passaggio potrà solo deteriorarlo, e dove la natura ha plasmato un luogo che non dovrebbe essere modificabile.
Dall’altra parte non deve nemmeno essere l’UNESCO a dirci come comportarci, nè l’ente di promozione turistica, ma la nostra coscienza. Il NON diffondere la posizione di posti che ci sono piaciuti o a cui teniamo, farà sì che meno flussi si dirigano verso quei luoghi, e chi li troverà, potrà ancora provare la sensazione di scoperta dell’inalterato come la ha avuta qualcun altro prima di lui.  

4. LE CLASSIFICHE

Un tempo si utilizzavano le guide che elencavano e suggerivano luoghi da visitare all’interno della destinazione e consigliavano ristoranti ed hotel secondo delle fasce di prezzo (si torna al punto 2).
Oggi i travel influencer stanno rosicchiando quote alle guide di settore, istruendoci su le “5 cose da non perdere”, “le 10 cose da fare assolutamente”, prendendosi la briga di metterle in ordine e dando delle priorità, ma mai specificando il criterio di questa scelta. Si è passati quindi da avere degli elenchi di attrazioni disponibili, redatti da scrittori di guide – e quindi esperti del luogo – ad avere delle check list di punti sconnessi dove poter andare a fotografarsi.

La preparazione del viaggio assume necesariamente altre forme, e per le nuove generazioni (ognuno è libero di identificarcisi o meno) portarsi dietro una guida cartacea è uno spreco di peso nei bagagli a mano delle compagnie low cost. Salvarsi un reel nei preferiti di un social è sicuramente più leggero e più in linea con la community.
È bello pensare che data una destinazione al suo interno vi siano luoghi e posti da trovare e fare nostri, senza che nessuno ci dica dove andare, tutt’al più conoscere dove NON andare, secondo i propri gusti e limiti.

5. LA VERA AFRICA / INDIA

Frasi come “ho visto la vera Africa / India” sono difficili da capire. È complesso intendere cosa sia vero e cosa no in spazi geografici così estesi ed in contesti economici così frastagliati.
Inutile soffermarsi sul concetto filosofico di realtà in sé andando a toccare quindi l’esistenza stessa dei luoghi interpellati. Quindi, la vera Africa / India, sono quelle dei bambini scalzi che corrono verso di noi? O quelle dei grattacieli e dei bar sui rooftop nelle loro capitali? È tutto vero. Tutto è reale. Per te, per loro, per l’umanità.

E la vera Italia? Dove sta? Nei borghi resilienti in abbandono o nella modernità di Milano? Nelle pizzerie al trancio gestiti dagli emigrati o nelle pizzerie gourmet? Negli autogrill o nelle botteghe di paese dove il tempo sembra essersi fermato? Non lo sappiamo. Eppure esiste. Anzi resiste.

Scroll Up
it_ITItalian