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LASCIAMOCI TRASPORTARE

Spostarsi richiede pianificazione, pazienza e fortuna. Qualsiasi sia il mezzo scelto per percorrere la tratta, vi sono dei canoni, delle norme del buon costume da rispettare nel pre, durante e post viaggio.

ti ci potrebbero volere 9′ minuti di lettura, il tempo di aspettare l’autobus

L’ESPERIENZA DI ACQUISTO CONTA

Nell’acquistare un biglietto, si acquista un’esperienza, a maggior ragione se il tagliando lo si acquista fisicamente, e poi lo si può stringere, mettere via e dimenticare in qualche tasca. Il Turista sta affidando il proprio destino nelle mani di un pilota, un professionista, che nulla potrà fare per il bambino che piangerà ignorato dai propri genitori, per tutto il tempo del viaggio.

Comprare un biglietto significa iniziare, aggiungere un tassello a quella che sarà la vacanza. Si gettano le basi per poter andare in vacanza, si inizia, prosegue o conclude un percorso. Come ogni esperienza potrà essere bella, neutra o brutta. Potrà quindi contribuire a rovinare o ad arricchire la vacanza, del resto il vero viaggio non è la meta ma è il percorso no? Così ci hanno insegnato almeno. Le variabili in gioco possono essere molte, ed i percorsi tortuosi, la metà può avvicinarsi od allontanarsi. Sia l’acquisto compiuto di persona o online, le insidie rimangono comunque molteplici, i pop-up da schivare potrebbero essere quasi più fastidiosi di una coda ad uno sportello.

Segue un’analisi di esperienze acquistabili con un titolo di viaggio: aerei, treni, autobus ed emozioni.

SI PROCEDE, PER ARIA

PFOAIRPORT
Boarding, l’ultima fase

L’aeromobile è il progresso. Rimane un mistero come facciano quegli ammassi di lamiera ad issarsi in cielo, e magicamente, a riportarci sulla terra. A volte con un rimbalzo, altre volte senza particolari emozioni ed applausi da parte dei passeggeri. Gli aerei ci permettono di abbattere le distanze. Di fare colazione in un continente e cena in un altro. Sono dei mezzi avanguardisti, futuristici, dalle potenzialità ancora inesplorate. Volare è un rito di avvicinamento che si ripete, l’inizio o la fine di un’avventura. Sugli aerei si celano sensazioni contrastanti: euforia, per chi inizia la vacanza, e sa che qualcuno lo attenderà al terminal degli arrivi; e malinconia, per chi torna, saturo di emozioni e foto; altri, che arrivino o che partano, avranno l’ansia, la paura di volare. Il sentimento di “chimelohafattofareanchestavoltacazzo”.

Tuttavia, volare, è intrattenimento, a bordo si ripetono dei riti da parte degli assistenti di volo. Sono loro gli attori per cui paghiamo. Sono al nostro servizio, sempre sorridenti ed in ordine, nonostante lo stress che li circonda, pronti a richiamare all’ordine la classe (qualsiasi essa sia) disordinata di passeggeri che si trovano davanti. Nonostante i turni massacranti. “È -pur sempre – il capitano che ci parla”, con annunci ed informazioni, spesso non richieste, ma che risultano piacevoli da ascoltare, quantomeno per la passione che ci mette nel volerci fornire informazioni sul suo operato o su cosa ci aspetta una volta atterrati. Lui che magari scenderà giusto per una sigaretta. Per godersi, e implicitamente verificare, che quei 26 gradi che ha annunciato all’interfono, esistano davvero a due ore di fuso orario di distanza rispetto a dove alloggia.

Grazie agli aerei abbiamo imparato ad osservare il mondo da una prospettiva privilegiata. A guardarlo dall’alto, con superiorità. Abbiamo imparato che sopra le nuvole c’è sempre il sereno, e che per imbarcarsi ci vogliono ore di attese, code, pratiche, controlli, procedure online o offline. Volare mette agitazione a tutti, sia a chi ha letteralmente paura di stagliarsi in aria (e come non capirlo), sia a chi ha paura di vedere cancellato o spostato o ritardato il proprio volo (e come non capirlo). Volare è innaturale, del resto, staccarsi da terra fa venire a mancare una delle poche certezze che abbiamo nella vita: la gravità. La fisica ci aiuta, i fluidi sospingono i carichi di aria spostati da delle turbine enormi. Volare, è appropriarsi di qualcosa che non è nostro, non appartiene alla nostra specie, ma è frutto del nostro intelletto, e allora va bene così, fidiamoci di chi sa come funzionano quelle fusoliere. Spicchiamolo.

D’altro canto, perdere un volo, o vederselo cancellare / modificare, è una delle cose peggiori e più snervanti che possa capitare, proprio perché spesso i voli sono elementi di connessione, e quindi parte di un più grande schema chiamato vacanza, turismo. Inoltre, perdere un volo non offre un piano B, facile ed immediato, e sicuramente non economico. Per volare dobbiamo recarci verso gli aeroporti, luoghi avveniristici e diabolici, i voli connettono due punti in maniera retta, difficilmente questi due punti saranno le nostre destinazioni. A bordo di un volo si possono vivere esperienze tremende, si manifesta la maleducazione di certa gente, un rischio che si correre quando si sta troppo vicini ed ammassati. Ma che importa se sotto di noi il Mondo scorre? E scorre davvero in maniera normale, la terra gira, e noi ci voltiamo a guardarla. Basti pensare che già mentre voliamo, qualcuno sta eseguendo altre procedure, opposte a quelle che abbiamo fatto al primo aeroporto. Operazioni di arrivo, attracco, sbarco, ancoraggio, scarico. Si dovranno seguire altre procedure, dogane, controlli, ritiro bagagli, uscita dall’aeroporto e primo impatto con una cultura diversa. All’arrivo saremo tutti uguali. Saremo solo passati attraverso dei luoghi di passaggio. Due punti che uniscono turisti e viaggiatori a lavoratori.

VIA FERRO, CHE ROTAIE

Stazioni luoghi del Retail, non necessariamente organizzato

Il trasporto su rotaia è ramificato secondo reti ferroviarie costruite – perlopiù – nel passato. Se per connettere due punti in aereo, bastano due infrastrutture essenziali, ovvero gli aeroporti; per i treni non è così immediato, le stazioni non bastano. Servono chilometri di binari, ed essi dovranno essere tra loro compatibili. I governi dovranno prendere accordi per poterli sfruttare, istituire collegamenti, pianificare soste, senza considerare le coincidenze, ovviamente. Costruire stazioni, o mantenere vive quelle esistenti.

Il treno può essere meno fantasioso, perché è difficile che vengano proposte nuove rotte, e se ne escono di nuove, altro non sono che il riproporsi di collegamenti del passato. Non a caso è il mezzo meno inquinante e la tendenza quindi, in alcune zone del mondo, è quella di utilizzarlo anche per tratte lunghe. I treni rientrano nel servizio pubblico, offrono tratte quotidiane, sono mezzi comuni per i pendolari, “coccolano” chi vi viaggia con il loro costante scorrere. Sono immediati e rapidi da prendere, se si calibrano correttamente i tempi di arrivo in stazione e attesa, si può prendere un treno “al volo” tagliando i tempi di attesa. In altre zone del mondo invece, le alternative non vi sono. Non è l’opzione green, è l’unica opzione, popolare, di classe, eppure non sono facili da prendere, a volte non passano, o si fanno attendere.

Chi si muove in treno non ha paura del mezzo, dato che offre garanzie di stabilità, è ancorato al suolo. Ha tutt’al più paura di perderlo, il treno non aspetta il singolo, ma si teme anche per altre ragioni, per il suo potenziale ritardo o la sua ingiustificata assenza. Il viaggiatore teme di essere tradito, il turista anche. È scocciante, anche perché spesso sono informazioni che si colgono solo arrivando in stazione, nessuno invia notifiche in merito a questi inconvenienti. Anche una volta a bordo si ha quel costante brivido o presentimento che il ritardo possa comparire magicamente, venire accumulato per qualche ragione a noi oscura ma che è connessa ad altri vagoni che circolano lungo la complessa rete ferroviaria.

L’esperienza di viaggio a bordo non offre particolare intrattenimento, i macchinisti sono dei personaggi misteriosi, lasciano la scena ai capitreno o ai controllori, che spesso si trovano soli contro centinaia di persone in balia della stessa locomotiva. Gli annunci sono banali, l’unica emozione che può essere data è l’eventuale fischio, ma anche quello è in via di estinzione con le moderne locomotive. Le esperienze che i treni offrono sono il mero servizio di trasporto, e la possibilità che un passeggero può avere nell’isolarsi dal mondo mentre il mondo scorre al suo fianco. Campi, case, parcheggi, montagne, viadotti, tutti scorrono, altre case in lontananza, animali, passaggi a livello si abbassano e si alzano. Si alternano ponti, strade parallele, mari, città. Rallenta tutto e si susseguono altre persone assiepate lungo altri binari.

Le Stazioni – luoghi benedetti – sono frequentate da tutti. Possono essere dei “luoghi del retail”, dei monumenti, delle attrazioni a loro volta. Sono le porte delle città, ne costudiscono l’ingresso e gli ultimi segreti di chi parte. Sono degli snodi e dei punti di riferimento anche per chi il treno non lo prende. Ci arriviamo tutti, ci introducono all’interno di luoghi posti, sono dei porti urbani in continuo divenire, dove tutto scorre, e tutti noi scorriamo. Le stazioni mutano, si adattano alle nostre esigenze, sono letteralmente delle infra-strutture.

VIA GOMMA SI MACINA STRDA

I luoghi dell’attesa

Gli autobus sono capillari. Illudono i passeggeri di poter arrivare ovunque. Esistono tratte apparentemente illogiche, che attraversano città, periferie, distretti, regioni Paesi e dogane. I bus sono imprevedibili, sono in balia di fattori esterni. Sono soggetti all’umore del conducente ed al traffico che li circonda. Non danno particolari garanzie di puntualità, ma possono riservare avventure e risvolti inaspettati.

Si fanno attendere in luoghi piuttosto squallidi. Le Stazioni dei bus – generalmente – non sono belle, né particolarmente centrali nel contesto urbano, non offrono servizi ulteriori oltre alla rivendita dei titoli di viaggio e ad un minimo di ristoro, si paga per il bagno! Non forniscono informazioni sul proprio autobus, sulle attese ed i tempi di arrivo* che si consumano in tetre banchine mentre mentalmente ci si congeda dalla città dalla porta sul retro.

Si guarda con disillusione ogni bus che entra dalle stanghe e si spera possa essere quello giusto, il tutto senza garanzie. In alcune parti del mondo gli autobus / van, non lasciano la loro piattaforma finché non sono pieni. È logico, è sensato. È una questione di massimizzazione delle risorse. Certo va contro il tempo del singolo passeggero, ma spesso a bordo degli autobus non si può avere fretta, o proprio non vi è spazio per farcela stare. A differenza di aerei e treni, non sempre esiste un orario di arrivo, e se esiste è raro che venga centrato!

*in alcune località dell’est (intendetelo da Trieste al Vietnam) si svolgono concorrenze atroci tra compagnie private che offrono la stessa tratta, talvolta a bordo dello stesso autobus.

L’esperienza di cui si può fruire a bordo è variegata, ed è influenzata dal contesto. Esistono svariate modalità di viaggio. Non necessariamente confortevoli. Al di là dell’incertezza di cui sopra, legata a partenza ed arrivi, a volte a bordo le condizioni sono disagevoli. Manca l’aria, sia esse condizionata o no, lo spazio per le valigie è quello che è, figuriamoci per le gambe. Può capitare che l’autista fumi a bordo, e che gli vuoi dire? È lui che sceglie che radio o playlist o CD farci ascoltare, dal suo stile di guida, placido o nervoso dipende la nostra tranquillità. Il guidatore decide le soste che verranno pianificate e le deviazioni che vorrà considerare in caso di traffico lungo la tratta, o se vorrà comprarsi altre sigarette, o fare un favore ad uno dei passeggeri. Il turista dovrà ringraziare le soste, è merito loro se si potranno vedere o attraversare dei luoghi che mai altrimenti mai avrebbe attraversato.

Talvolta a bordo si genera un clima di fratellanza tra i passeggeri, che a volte con chiacchere, altre tramite semplici sguardi, esprimono vicendevolmente consapevolezza per la sorte che li ha uniti nel fruire quell’esperienza. Si crea lo spirito della comitiva, della gita di gruppo, poi giunti a destinazione tutti si disperderanno e saranno sconosciuti come prima. È avventuroso prendere gli autobus. Riservano emozioni e sorprese, lungo la strada si possono verificare una serie di problemi tecnici, specie se sono mezzi logori o vecchi o se semplicemente si è sfortunati, allora i passeggeri possono diventare complici, possono partecipare all’esperienza, dire la loro, aiutare, spingere, partire assieme.

A bordo degli autobus si ha l’impressione di dominare la strada, si svetta sopra le macchine e si può ammirare il paesaggio circostante da una prospettiva periferica. Gli autobus che offrono lunghe tratte regalano a chi viaggia momenti di riposo, dove la mente rimane stimolata dallo scorrere del paesaggio, ma il corpo è seduto, fermo, si ricarica standovi immerso nel fiume del traffico. Per chi fa turismo invece, c’è il rischio che i lunghi viaggi possano diventare delle logoranti attese, quasi incomprensibili.

Gli autisti raramente interagiscono o parlano inglese, a volte hanno un aiutante, altre devono fare tutto da soli. Sta a loro la gestione dei bagagli, biglietti, carte doganali, assicurarsi di non aver lasciato nessuno per strada. Non viene venduto nulla a bordo, ma può capitare che durante le soste salgano dei venditori ambulanti con del cibo o altri beni del tutto improbabili, viva lo spirito imprenditoriale!
In certi casi gli autobus fungono addirittura da agenzia postale, hanno dei servizi accessori! Vengono loro affidati pacchi da caricare e lasciare presso le stazioni lungo il percorso. Gli autobus richiedono pazienza e fiducia, a volte verrà ripagata, altre no, ma fa parte del viaggio, ed anche del turismo.

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