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NUDGING DEL TURISMO

Il mercato del Turismo nasconde piccole insidie e trucchetti verso i turisti, consumatori inconsapevoli, per antonomasia.

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Il nudging è considerabile come l’atto di compiere qualcosa in maniera inconsapevole; è una branca del marketing, una disciplina della psicologia del consumatore, elemento di studio e di curiosità. Letteralmente in inglese “nudge” significa “dare una spinta”.

definizione personale.

Nel nostro caso lo intenderemo come “dare una spintarella”. Più amichevole. E forse ancora più beffardo. Del resto, quante volte gli amici ci portano a compiere azioni che altrimenti non faremmo? Ecco. Questo è il nudging. Ed il turismo non ne è esente. Il turista men che meno. Il destination manager è invece colui che ci spinge. Che ci tende le trappole, non necessariamente un amico.

Vi sono quindi degli elementi, scovabili in luoghi insospettabili, pensati per attrarre noi visitatori. Posizionati in posti, località e destinazioni, tra loro molto diversi per ubicazione geografica, ma soprattutto per conformazione territoriale. Eppure, l’obiettivo è sempre lo stesso: cercare di indurre la gente a scattare foto. Immagazzinare Ricordi. Contenuti multimediali che verranno condivisi negli oceani che sono diventati le nostre vite virtuali. Generare l’interesse di altri. Talvolta l’invidia, perché no? Il turista abbocca ai sotterfugi di chi ha posto questi elementi, lì, dove stanno. Sta al gioco, lasciandosi sorprendere ( a volte davvero con poco).

GRANDI SCRITTE DI NOMI DI DESTINAZIONI*

generalmente così strutturato I <3 + nome del posto. Qualunque esso sia. Ovunque esso sia. È possibile individuare queste “attrazioni” anche all’interno di quartieri e circoscrizioni cittadine. Alcuni a riempimento delle rotonde, piuttosto senza pretese.
Altri, molto più autorevoli, posizionati davanti a delle vere attrazioni, panorami, musei o dei lungomari. La scritta capostipite fu I Am sterdam. Diventata un must per ogni visitatore della capitale olandese. Installata nel 2004 per promuovere l’area attorno ai musei ed accrescere il senso di unità della variegata comunità di cittadini. Fu (sapientemente) rimossa nel 2018 dopo aver constatato che venivano scattati 6000 selfie al giorno ed era inconsapevolmente diventata simbolo del turismo di massa.

*menzione particolare per la tamarraggine latente che alcune di queste opere celano.

La capostipite delle scritte saluta e ringrazia

A cosa servono dunque queste scritte? Da un lato, ad accrescere il senso di appartenenza da parte della comunità locale; dall’altro a sottolineare il fatto di trovarsi fisicamente in un luogo. Nel condividere una foto davanti ad una di queste scritte non sto condividendo il luogo. Sto condividendo il fatto di essere in quel posto. Tuttavia, è bello pensare che qualsiasi località si visiti, si potrebbero trovare delle foto più autentiche. Sicuramente più rappresentative di quella che è l’essenza del luogo, invece che di alcune lettere di plastica. Allora, perché? Il policy maker gioca in questo caso con l’ego del visitatore. Lo invita ad apparire. A comprovare il fatto di aver compiuto “l’impresa del viaggio”.  

TRABZON
Per gli amici, Trebisonda. Un luogo dove fotografarsi con il nome cittadino è considerato un passatempo per gli abitanti.

GRANDI CORNICI

big frame. Quante volte ci è capitato di essere in un posto da incorniciare? Quante volte avevi con te una cornice? Ecco. In questi casi ci vengono fornite, non si sa bene da chi. Sono lì. Probabilmente ci sono sempre state. In alcuni casi ci stanno proprio bene in certi posti, come i risciò a pedali nelle località marittime, o le sdraio nei rifugi di montagna. Tuttavia, anche loro, le cornici, ci stanno suggerendo ancora una volta di fare una foto. E di farla esattamente lì, non qualche passo più in là. Ma all’interno di quel perimetro. Ci caschiamo. Perché in fondo una foto in più che sarà? Ora che le foto non si stampano più, non si incorniciano più, non abbiamo timore di scattare un ricordo, pure con la cornice inclusa poi! Sta al fotografo scegliere se con soggetto o senza. In ogni caso si tratterà di natura viva, non morta. Quella non va più di moda.

GRANDI PANCHINE

big bench, per i destination manager. Tradurre in italiano porterebbe tutto ad un livello di banalità tale che, chi si immortala radioso su una panchina gigante, ci penserebbe due volte. Iniziano a comparire in Italia dal 2010 in poi.
Il Piemonte è la loro patria natia, ad oggi costituiscono una folta rete di 206 tappe sparpagliate su tutta la penisola ed un esempio di turismo lento supportato da associazioni private. Di solito ubicate in luoghi panoramici che sovrastano località talvolta insospettabili. Tappe che, altrimenti, sarebbero forse meramente di passaggio. Hanno la dote di rimpicciolire l’essere umano, farci perdere il nostro ego dinanzi ad un ambiente naturale. Le panchine giganti non sono particolarmente comode, rispetto ad una panchina normale, va detto.

Autentica gioia per i falegnami ed i designer, ed anche per i turisti, specie per chi abita all’interno di un tessuto urbano troppo fitto e si lascia sorprendere da questi artefatti. A beneficiarne sono i gestori di attività commerciali limitrofe che vedono improvvisamente un flusso di persone che inizia a considerare un posto, che altrimenti era frequentato solo dai locali, come una destinazione. Una gentrificazione di un luogo naturale. Sarebbe da interrogarsi sul tempo di seduta medio su una panchina gigante. Scomodità a parte, non è scontato duri più di qualche foto, ma forse non è questo lo scopo.

Le tre tipologie di nudging considerate non possono essere equiparabili e sostituibili le une con le altre. Ciascuna si cala bene nel proprio contesto. In base anche al target di riferimento della destinazione.

Ciò che accomuna questi elementi è però il fatto che, se sono stati messi lì, se sono stati pòsti in quei posti, non può essere frutto di un caso, come magari sembrerà agli occhi del turista. Sono elementi che hanno a modo loro, alterato il paesaggio. Hanno subito dei processi di approvazione, di commissionamento per la realizzazione ed installazione dell’opera.

Queste installazioni ci stanno suggerendo, non solo di farci una foto, ma anche di atteggiarci felici all’interno di una destinazione, dove magari 30 minuti prima abbiamo pure mangiato male o siamo stati trattati come non ci aspettavamo. Ci stanno dicendo altro, qualcosa di benevolo, sono stati installati da chi è felice di abitare in quelle località (o da chi ci lavora).
Quindi potrebbe valera la pena fermarsi: guardarsi attorno, sedersi (che quando ricapita una panchina così grande?). Ammirare il quadro che cicirconda e incornicialo. Portalo via con se. Rendersi conto della fortuna che abbiamo, nell’essere dinanzi ad una scritta gigante, nell’essere turisti.

L’altro lato della medaglia, o del negativo fotografico, che andrebbe considerato è la standardizzazione dei ricordi che si verrà ad ottenere. Le persone andranno a compiere le stesse foto. A condividere le stesse foto. E forse sarà proprio questo fattore che farà ritornare altri flussi in questi posti “magici”, capaci di catturare la nostra attenzione. Sarà questa la vittoria del nudging.

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