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PIACERE HOTELLING, MODELLO COMMERCIALE

C’è un modello per tutto. Nelle vetrine troviamo i manichini. Per strada vediamo sfilare nuove auto hanno dei modelli sempre più innovativi. Nelle passerelle è impossibile stargli dietro. I modelli ci circondano.

ti ci potrebbero volere 8′ minuti di lettura, può valerne la pena

Bangladesh. Ne parlano i giornali

Alcuni sono facili da individuare, altri più difficili. Si celano dietro altro, come volessero proteggersi, quasi per cospirare alle nostre spalle. Eppure, un cittadino che si comporta secondo tutti i canoni, non dovrebbe avere nulla da temere. Segue minuziosamente le regole della società in cui vive, anche se magari alcune non le condivide del tutto. In fondo, non tutti sono cittadini modello, esiste un percentile che esce dai binari di un modello dato dalla società.

D’altro canto, ogni tassello del puzzle è indispensabile, si fa parte di un mercato economico. Vi sono consumatori modello che, fanno acquisti ed alimentano lo Stato. Fioriscono assieme al commercio, lavorano, oppure danno lavoro. Producono, ma i consumatori potrebbero anche fare produrre altri. Partecipano – a volte – alle assemblee condominiali, ai calcetti del mercoledì. Insomma, fanno la spesa. Come tutti noi, è tra noi, è uno di noi: anche il modello fa la spesa! E noi facciamo la spesa con lui, potrà sembrare banale, ma è così. Ed è bene specificarlo, seguendo le regole del Modello di Hotelling*, che a differenza di tanti altri, va capito ed inteso, altrimenti si rischia di non sapere – addirittura – nemmeno dove andare a farla, la spesa!
E se il Sig. Hotelling voleva forse confonderci?

Cipro. Zorbas o Pandora?
  • *Harold Hotelling = nato in Minnesota nel 1895 – stesso anno della Ford Motor Company – è il sesto di sei figli. Nel 1907 la sua famiglia abbandona la campagna di Fulda e l’attività di vendita di fieno, e si traferisce a Seattle, 1550 miglia più a ovest, ma almeno sul mare. Una distanza, che gli Hotelling compirono in treno, portandosi con loro il fieno ma soprattutto 40 cavalli. Harold studia, e bada ai cavalli, serve gli Stati Uniti durante la Prima guerra mondiale, impiegato sul fronte interno. Nel 1919 decide di dedicarsi al giornalismo per poi compiere un master in matematica alla Washington University nel 1921, tre anni dopo fa un Phd a Princeton, sempre in matematica. Nel 1929 va in Inghilterra e conosce altri statistici, con altri modelli. Nel marzo di quell’anno arriva a pubblicare il suo modello. Enough.

IL MODELLO: la TEORIA

Bangladesh. Una scelta Veloce

Nel 2014 ero studente, non uno studente modello, ma di quelli che aveva voti dignitosamente validi per essere selezionato per uno scambio universitario all’estero. Mi trovavo in Thailandia e frequentavo le lezioni dell’IC, International College, in una città seminata in mezzo alle risaie.

Un giorno di primavera, un professore olandese abbastanza stempiato per essere all’inizio dei trent’anni mi ha introdotto “Hotelling”. Lo ha fatto disegnando prima un piano cartesiano su una lavagna e poi delle linee che si incrociavano. Un classico grafico di una funzione economica. Linee che si intrecciano, dei punti, delle variabili.
Il Prof. chiese alla classe se ci fossimo mai domandati il perché nei mercati asiatici i beni simili tra loro fossero posizionati vicini. Una piccola precisazione: buona parte della classe era composta da asiatici. Non saprò mai se loro se lo erano già domandati.

Francamente, io, quella domanda me la stavo facendo da tempo. Certo che me ne ero accorto. Non mi pareva normale il fatto che i negozi di lampade erano tutti dislocati in una strada e in nessun altro luogo? Solo non mi ero immaginato ci fossero dietro delle rette e delle funzioni, ma degli incroci sì.

Perché girato l’angolo vi erano solo ed esclusivamente venditori di prodotti per la casa? E chi aveva scelto di mettere qua i macellai ed i pescivendoli altrove? E i vestiti? Le biciclette? I fiori? Era da mesi che esploravo mercati e cittadine nel sud-est asiatico, come avrei potuto non notare questa singolare disposizione delle merci e dei negozi? Doveva esserci un criterio. Una soluzione a queste domande che mi accompagnavano da troppo tempo.

Georgia. Casalinghi

Girando per le città attraversavo supermercati a cielo aperto, via dopo via, corsia dopo corsia, assistevo ad un susseguirsi di negozi specializzati nel vendere una determinata categoria merceologica seguendo al centimetro il modello geografico. Dietro quella scuola, in fondo a destra, solo produttori di mobili. Forse funziona così quando non vi è IKEA o un Esselunga, penserei guardando in dietro.

La linea dipinta sulla lavagna si è presto riempita di punti e frecce. Al centro vi era un solo negozio, irrealisticamente raffigurato come monopolista. Venne poi aggiunto un altro punto, rappresentante un concorrente, venditore di beni sostituti, simili, pressoché gli stessi. Si era creato un interscambio, un mercato ipotetico, dove i consumatori avrebbero dovuto sostenere dei costi di viaggio per recarsi al singolo negozio. Nel mentre apre una terza bottega, una quarta, quinta e poi insomma si crea un mercato vero e proprio, un distretto.
Peraltro, questa distanza la avrebbero dovuta compiere tutti, anche i fornitori no?

Credits: Okpedia

Quale è il posto migliore quindi, a livello geografico, per accaparrarsi la totalità del mercato?

Grazie per la domanda.

Il negoziante catalizza l’attenzione su di se, il modello accentra i concorrenti e gli consegna dei vantaggi. Ad esempio, i costi della logistica possono ridursi grazie ad una piccola economia di scala e un maggiore potere contrattuale acquisito dalla rete di venditori.

Posizionarsi in centro, o vicino ai propri competitors, costringe non solo i consumatori a recarsi in un unico luogo, ma anche chi effettua le consegne ad abbassare i costi di trasporto data la prossimità di tutti i suoi acquirenti. Parallelamente come per i clienti, anche i fornitori potranno beneficiare della vicinanza dei negozi nel rifornire i rivenditori, generando un conseguente calo delle tariffe, grazie alla massimizzazione di alcuni costi fissi come il carburante e la forza lavoro per il trasporto delle merci.

IL MODELLO: la PRATICA

Il modello di localizzazione di Hotelling permette di aspettare i clienti sulla porta del proprio negozio, osservando nel mentre come il proprio dirimpettaio dispone la merce, come si differenzia, cosa mette in luce. Tutti hanno la stessa merce, ma tutti hanno differenti strategie, diversi caratteri ed approccio alla vendita e modelli di gestione diversa.

Emirati Arabi Uniti. Elementi per l’auto.

Quel giorno il prof. olandese, diede vita al piano cartesiano, facendo danzare linee e punti con intrecci precisi ed apparente spontaneità. In meno di 10 minuti ci spiegò come si possono venire a creare i distretti di vendita. Aveva l’entusiasmo di chi aveva appena letto un articolo a riguardo o visto un video su YouTube 5 minuti prima. Si era perso un paio di volte nella spiegazione, ma il messaggio era passato. Il modello è un casino in effetti, entrano in gioco i prezzi, le distanze, si deve presumere anche una discreta neutralità del cliente verso la fedeltà ad un brand o ad un commerciante.

Girando per l’Asia mi sono reso conto del grado di specializzazione che questi clusters del sistema economico possono avere. In prossimità ad un porto si possono trovare rivenditori all’ingrosso di pacchi di cemento o di riso, carichi da 25 kg l’uno vengono scaricati dai camalli* a mano. Vengono trasportati prima trainando un carretto, per poi essere riallocati poco lontano altrove dopo che qualche scaricatore li abbia nel mentre caricati sulla propria testa. A volte arrivano a sostenere un peso anche 50 kg. Allontanandosi dal porto si troveranno le merci più leggere da trasportare ed i beni di primo consumo. Spesso però, la disposizione delle merci mi sfugge e non capisco perché su questa via si producono e si vendono solo scale di bamboo, mentre nella via dopo vi sono solo meccanici di motorini.

*Camalli = Coloro che lavorano al porto, svolgendo lavori di carico e scarico, in genovese.

Il modello del prof. Harol Hotelling può essere esteso su larga scala. Nelle città asiatiche esso è distribuito prevalentemente su scala rionale, di quartiere cittadino. Si creano, in base alla distribuzione della popolazione, dei bacini di utenza da soddisfare. Questo sistema serve a sopperire la mancanza dei supermercati (nell’accezione europea del luogo), con notevoli ricadute occupazionali, ma anche per far continuare muovere i consumatori negli affollati mercati, o nelle dinamiche città.


Un concetto analogo lo si può trovare anche in Italia, dove negli anni sono nati i distretti produttivi, e grazie alla localizzazione si è creata una specializzazione per determinati prodotti: i cartifici nelle Marche, gli occhiali nell’Agordino, il tessile a Prato, i sanitari nel Viterbese, le leccornie ovunque. Si sono create e consoloditate tradizioni e conoscenze di processi attorno alla produzione industriale.

Bangladesh. Tutta un’altra ottica

In Europa il commercio ha modellato la nostra società verso la creazione dei “supermercati”, verso il tutto e subito, è meno time-consuming, più pratico diremo noi. La società è per il “diffuso” ed ha affidato ad ogni quartiere le sue risorse. Un approccio condito da un tocco di campanilismo e un pizzico di capitalismo, vengono date meno ragioni di movimento agli abitanti, meno stress probabilmente, maggiore welfare (qualsiasi cosa si voglia intendere per esso), sicuramente meno traffico e meno spostamenti richiesti.

Insomma, in Europa si utilizza un altro modello verrebbe da dedurre, ma né Hotelling né il prof. olandese me ne hanno parlato.

Sì ma sto modello chi me lo spiega bene? Fattelo spiegare da lui.







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