Site Overlay

TAXISTI E TASSAMETRI

Ho sviluppato uno strano rapporto con i taxisti, non me ne voglia la categoria, purtroppo il tutto si circoscrivere a pochi episodi avvenuti negli anni. Potrei identificare questo sentimento come una forma di diffidenza maturata grazie alle esperienze pregresse: sono gli attimi a determinare i ricordi.

ti ci potrebbero volere 6′ minuti di lettura; il tempo di perdere un autobus

A bordo, si inizia

Mi urta la loro avversione ad utilizzare l’ambitissimo tassametro – ed in certi contesti – la continua trattativa sui prezzi invece ha iniziato a divertirmi, ma tanto la spunteranno loro. Fa parte del gioco, ed i taxisti conoscono le regole, le dettano e le applicano per le vie delle loro città.

Inoltre l’insistenza da parte dei conducenti nell’attirare i potenziali clienti non incontra il mio entusiasmo. Sia quando sono in movimento, con continui ammiccamenti di clacson, sia quando sono fermi con ininterrotte proposte di: Taxi? Taxi? Where you go? Questo è catcalling verso il turista! Nei confronti del diverso, visto come un’opportunità per poter rimpinguare le casse…E poi dove vado sono affari miei.

Quando viaggio, cerco quindi di evitare gli spostamenti in taxi, nonostante in alcuni paesi siano relativamente economici ed essenziali in assenza di altri mezzi pubblici sostitutivi, mi piace cercare di stare a contatto con chi il taxi non può permetterselo sempre, e per muoversi utilizza i mezzi pubblici.

Nelle grandi città, va inoltre considerato l’aspetto traffico, specialmente nelle ore diurne. Spesso prendere un mezzo pubblico o un taxi impiega lo stesso tempo per muoversi dal luogo di partenza alla destinazione, ma nel caso dei mezzi pubblici si ha modo di osservare ciò che accade fuori e dentro gli autobus, senza dover necessariamente sentirsi in dovere di fare due chiacchere in un inglese stentato con il conducente, o avere quel presentimento che qualcuno mi stia legittimamente facendo spendere più del previsto. Quella spesa ulteriore, non prevista, quel denaro “sottratto” con malizia o con dolo, può lasciare una ferita aperta nell’orgoglio dell’individuo, più che nel portafoglio. Sono questi piccoli episodi che verranno ricordati, e che contribuiranno a generare un’impressione di un luogo o di un’esperienza di vacanza.


I Taxisti sono dei punti di contatto tra residenti e turisti. Tra cittadini e passanti. Sono il collante e rappresentano lo spirito del luogo.

EPISODIO ASIATICO (2014)

La destinazione non era delle più felici, il “general hospital” di Bangkok, dove si trovava il nostro amico Felix, ricoverato da qualche giorno. Eravamo di fretta, e le metro non ci arrivavano comodamente, provare ad improvvisare una traversata con gli autobus legno-lamiera di BKK richiedeva troppo sforzo. Optammo per il Taxi, di certo non ne mancano in Thailandia.

Circa al trentesimo minuto di viaggio iniziamo ad insospettirci del perché il nostro autista stesse prendendo la strada che lascia la città. Proviamo ad interagire e chiedere spiegazioni, ma ci scontriamo contro un gap linguistico: il conducente non intendeva mezza parola di inglese, se non “meter” (= tassametro). Il nostro driver, fu abile nel captare l’insoddisfazione ed il nervosismo che aleggia dentro la sua Toyota, mise mano al telefono per interpella l’aiuto dal pubblico. Ci fa parlare direttamente con chi l’inglese lo mastica: “il servizio clienti” diciamo, al quale ribadiamo la nostra destinazione: “general hospital”.

Nel mentre la corsa, con tassametro, continua imperterrita e davanti a noi si stagliano le torri del “general Airport”. Questo il frutto del gap linguistico. Riflettiamo su quanto sia un peccato per un taxista non sapere l’inglese, ma al tempo stesso un’opportunità, visto il conto che ci ha presentato: tre volte più alto rispetto a quanto avremmo dovuto pagare se avesse svolto diligentemente la sua corsa. Inutile provare a trattare sul prezzo finale data la totale assenza di comunicazione. Accenniamo una discussione, appellandoci all’evidenza dell’errore. Paghiamo metà della corsa ed usciamo, senza ringraziare, va detto. Per risparmiare tempo, abbiamo scelto di prendere un taxi, ci è andata male. Abbiamo perso almeno mezz’ora e speso più di qualsiasi altro mezzo. Ha vinto lui.

Taxi? In Giordania verdi e gialli

EPISODIO AFRICANO (2022)

È sera, la medina di Fes è un reticolo di vicoli e cunicoli dove è davvero facile perdersi. Durante il giorno siamo arrivati in città dalla stazione camminando almeno quaranta minuti sotto il sole cocente, un pò per evitare l’assalto dei taxisti appena usciti, un pò per entrare in sintonia con la città, più probabilmente per puro masochismo. È Ayub, il nostro amico marocchino, che nel congedarsi, ci raccomanda di prendere un taxi. Ci dice dove prenderlo e quanto pagare al massimo (10 dirham = 1€), ci vorranno 5 minuti in macchina, se camminiamo invece una ventina. Seguiamo i suoi suggerimenti e comunichiamo il nome di un ospedale vicino a dove dormiamo.

L’autista ha la nostra età e voglia di chiacchierare, parla in francese. Io, non sapendolo sto sul sedile posteriore e lascio parlare Alex; accendo il GPS su Google Maps, quasi per noia, e noto che sta facendo una strada molto più lunga del previsto. Immagino sia per scucirci qualche dirham in più, per compensare il fatto che ha usato il tassametro. Arrivati dall’altra parte della città mi sento in dovere di farglielo notare. Ed è in questo momento che magicamente il conducente smette di intendere e di volere il francese. Lo guidiamo strada per strada tramite Google Maps, ma nonostante questo inizia a sbagliare le svolte, il tutto ha del ridicolo e del grottesco al tempo stesso. Ci sono voluti 25 minuti per giungere a destinazione. Il conto era di 20 dirham, 2€, abbiamo provato le contrattazioni e a pretendere uno sconto, non per risparmio ma per decenza ed onestà intellettuale. Non c’è stato verso, usciamo sbattendo la porta e suggerendo di imparare ad usare Google Maps, app essenziale per il suo futuro professionale. Ha vinto lui.

EPISODIO EUROPEO (2021)

Arrivo a Milano Linate con l’autobus 16, con quell’oretta di anticipo, rispetto alla chiusura del gate, mi godo il viaggio con la calma di chi non deve imbarcare in stiva i bagagli. Controllo le partenze per vedere dove recarmi e noto con sorpresa l’assenza del mio volo. Quanto tempo ci vuole per realizzare di aver fatto un errore? A volte parecchio, altre volte un istante. In questo caso ci è voluto davvero poco, l’attimo seguente stavo correndo fuori dalla zona partenze per cercare un taxi.

Marcello, stava gentilmente scaricando i bagagli alle sue precedenti clienti, quando mi ha visto sopraggiungere da lui, chiedendogli quanto distasse in minuti Malpensa. Domanda insolita se ti trovi a Linate effettivamente: 50 minuti circa; capisce la mia fretta, si guarda intorno circospetto, mi spiegherà che non si potrebbero imbarcare clienti dalla zona partenze. Ok fattibile, accetta, dicendomi di salire “al volo”. Siamo allineati. Iniziamo a guidare praticamente assieme lungo la corsia di sorpasso della tangenziale milanese. Lui fisicamente ed io mentalmente. Marcello ha un anno meno di me, è tra i più giovani conducenti di Milano, gli piace il suo lavoro e mi racconta molto di come funziona. Ci confrontiamo su vari temi, e in circa 40 minuti siamo al Terminal 1 di Malpensa. Il conto è come quello di un analista, ottengo 8€ di sconto, ma comunque le tre cifre rimangono. Forse, questa volta, avrei dovuto chiedergli di non usarlo il tassametro e proporre una contrattazione iniziale, un patteggiamento con la mia imprecisione, ma gli errori si pagano, e a volte sono cari. Ovviamente accetta il Pos. Ha vinto lui.



Scroll Up
it_ITItalian