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VIAGGIA, SENSIBILMENTE

Quando si fa turismo, o peggio ancora si viaggia, tutti i nostri sensi vengono inavvertitamente stimolati.

ti ci potrebbero volere 7′ minuti di lettura, sii sensibile

Lo spostarsi da un posto all’altro li attiva, rendendoli più ricettivi. Inizialmente si tratta di una spontanea difesa verso un ambiente sconosciuto e potenzialmente ostile; attraverso i sensi mappiamo la nuova destinazione in cui siamo giunti, e cerchiamo di trovare degli appigli per renderla riconducibile a qualcosa di familiare. L’attivazione di tutti i sensi è uno strumento per cogliere le diversità rispetto al contesto cui siamo abituati.

Purtroppo, però, i sensi risultano spesso essere utilizzati in maniera sproporzionata tra loro, sulla base di quello che è il nostro personale allenamento e propensione a captare gli stimoli. Questo disallineamento percettivo è possibile possa andare ad influire anche sui ricordi del posto visitato.
È quindi lecito porsi delle domande a riguardo e indagare la forza e l’intensità dei sensi. Ad esempio, sarà più facile avere memoria di ciò che si è visto, piuttosto che di ciò che si è odorato? Oppure, cinque anni fa avevo mangiato bene durante quella vacanza in Lituania? Tutto sommato sì, ma ricordo un piatto in particolare? Ricordo un gusto od un sapore?! La percezione gustativa rimane in noi abbastanza a lungo. Rimane meno invece la parte legata all’esperienza tattile. Erano confortevoli le lenzuola? Difficile da ricordare, a meno che non fossero estremamente comode o scomode, gli opposti si attraggono, e gli eccessi e le mancanze compongono i ricordi più nitidi, siano essi “buoni o cattivi”.

IL SENSO ESTESTICO

Per provare a vivere un’esperienza “onnicomprensiva” in un luogo estraneo è bene avere tutti i sensi allenati e ricettivi. Tuttavia, la vista risulta essere il maggior esposto. Andiamo in vacanza per vedere “posti nuovi”, per scoprire le bellezze e le stranezze. Per ammirare le cose come stanno, nel senso letterale. Anche degli elementi banali come le insegne risultano essere degli indicatori di diversità. L’osservazione parte dalle cose più grandi ed impattanti e le differenze rischiano di risultare addirittura enormi; ma guardando bene, anche nelle piccole cose, anche nei dettagli riusciamo a scorgere elementi distintivi di un luogo. Sta a noi scegliere cosa voler vedere e come incanalare gli stimoli visivi, la realtà può essere nitida o offuscata.

Cosa ci insegnano le insegne?

IL SENSO DEL GUSTO

Il gusto a sua volta assume un ruolo di rilievo, a maggior ragione considerando l’importanza del fattore eno-gastronomico, divenuto elemento cruciale nella scelta delle destinazioni. Ci spostiamo per gustare cibi e bevande del posto. A volte superlativi, a volte troppo differenti dai “nostri gusti”. I sapori sono forse gli elementi più complessi da cambiare ed adeguare alle culture locali. Si sono sviluppati in noi sin dalla nostra nascita, e con loro siamo cresciuti. In particolare, i sentori del dolce si cristallizzano nelle menti, con rimandi all’infanzia. Risulterà quindi più difficile adeguare il gusto ai dolci di paesi diversi. Ad ogni modo in alcuni posti visitati, il senso del gusto, meramente estetico, è un fattore da tenere in considerazione.

Gli occhi hanno più gusto del palato?

ASCOLTA IL TUO SENSO

L’udito è anch’esso parte integrante del pacchetto, ma già le cose iniziano a complicarsi, richiede attenzione. È divertente cogliere le particolarità linguistiche del Paese che ci ospita. Allora, pur non capendo nulla ci lasciamo trasportare da conversazioni senza senso attraverso i suoni gutturali dell’olandese, l’apparente aggressività dell’arabo, la sinuosità del thai, le assonanze dello spagnolo, le spigolosità del tedesco, i bizzarri accenti francesi, la malinconia del portoghese, le grida del greco, la timidezza del filippino, la nasalità del polacco o dell’umbro. Gli accenti e le intonazioni sono peculiari per ciascuna cultura, anche quando parliamo in inglese, sono tratti distintivi. Ci divertiamo a cercare di captare dei termini simili, ma per il resto tutto ciò che sentiamo sono suoni che escono dalle bocche altrui, senza poterne cogliere i significati. Senza poter sapere se ci stanno parlando in dialetto o nella forma “ufficiale” della loro lingua. Ma spesso i suoni si evolvono ed a loro si aggiungono note, strumenti e melodie. L’udito ci permette di ascoltare l’umore della gente, lo spirito del paese, le canzoni!

Che cosa si ascolta oggi?

Che ricca la musica, quasi quanto la gastronomia, e come essa talvolta la giudichiamo, secondo i ritmi cui siamo abituati, secondo i nostri canoni e parametri; seguendo le nostre abitudini di ascolto e non stabilendo dei parametri oggettivi. Il saper ascoltare è un dono, richiede pazienza ed immaginazione. Nel caso della musica ci vorrà anche sopportazione, quella canzone folkloristica che sembra essere gradevole e di compagnia al primo ascolto, se ripetuta per ore, ad esempio durante un viaggio in un autobus, potrebbe portare allo sfinimento e a mettere a dura prova le nostre orecchie. L’udito va preparato al peggio, il turismo può essere insostenibile.

AVERE TATTO, PER NIENTE SCONTATO

Il tatto è complesso da concepire, ma senza tatto non si va da nessuna parte. In senso astratto “l’avere tatto” è quel fattore che ci permette di calarci in maniera opportuna nelle situazioni, anche le più delicate. È necessario avere delle conoscenze di base della storia, della cultura e della religione del Paese, per poter provare a comprenderlo e comportarsi di conseguenza, nel rispetto delle tradizioni locali, senza urtare la sensibilità della popolazione.

In senso letterale, si può provare a toccare qualsiasi superficie certo, ma non sempre potrebbe risultare una buona idea. È più opportuno sviluppare del tatto legato al dove mettere i piedi, al non cadere nelle molteplici trappole che si possono nascondere lungo strade e marciapiedi dissestati. Che sia letterale o figurato, il tatto, se non utilizzato a dovere potrebbe rivelarsi un’arma a doppio taglio e rovinarci il soggiorno.

Si tocca?

PUZZA O FRAGRANZA?

Ultimo, ma per complessità, è l’olfatto. Anche esso risulta costantemente stimolato, come la vista. Considerato forse meno importante, seppur impregnante. Eppure, i luoghi hanno degli odori. Aleggiano nell’aria e mutano tra mattina e pomeriggio, tra sera e notte. Si propagano tra mercati e strade, tra deserti e mari. Cambiano con il caldo e si congelano con il freddo. Gli odori ci circondano, e forse non gli si dà abbastanza importanza. Questione di abitudine, di nuovo. Eppure, il nostro naso ci guida, si lascia catturare ed attrarre. Non a caso in molti hotel o centri commerciali viene studiata una fragranza da disperdere nell’aria per rendere il soggiorno più gradevole o addirittura per inibire i nostri ricettori ed estendere quindi il tempo medio speso a fare compere.

Fragranti, Fragranze

Esistono poi gli odori dei posti, quelli che perseguitano il visitatore e che a distanza di tempo potranno ancora essere percepibili nei nostri cervelli. È così che a Cipro l’odore nazionale è quello del Souvlaki, spiedino di carne costantemente in lavorazione in ogni angolo del paese. A Genova c’è “puzza” di pesce. Napoli è una friggitoria a cielo aperto. A Londra si respira l’aria della metropolitana. Venezia sa di laguna. Ad Amman la gente ha una passione smodata per i profumi, vi sono gli ambulanti che li vendono per strada, la gente profuma, la città più o meno. In Provenza è impossibile non sentire la lavanda. Gerusalemme è incensata. Bangkok, spiace ammetterlo (2014), puzza di fogna. Amburgo ha il profumo della pioggia, è la sua essenza. Le spezie dominano nei mercati di Zanzibar o di Istanbul. Le sigarette a Cracovia, dove ancora si fuma dentro i locali. L’hashish in Marocco e la cannabis a Barcellona o ad Amsterdam. Tirana con le sue Pekara (panifici) profuma di pane. A Praga si percepisce nell’aria l’odore aspro del luppolo. I deserti, i mari, le montagne ogni ambiente ha le sue sfumature olfattive. Il solo uscire di casa è sufficiente per captare un odore, sia esso di benzina, di temporale o di fiori primaverili o in appassimento; il tornare alla propria abitazione invece ci farà riassaporare il profumo di casa, a dimostrazione che anche gli odori dei posti ci rimangono impressi, una volta che le narici vengono attivate.

Insomma, fare il turista, non è altro che un susseguirsi di semplici gesti quotidiani. Applichiamo costantemente un termine di paragone con quanto abbiamo già in memoria. Ricerchiamo di ricondurre le sensazioni che stiamo provando ad altri contesti senza urtare troppo la nostra sensibilità.


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