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DESERTI? BELLI MA NON CI VIVREI. TROPPO AFFOLLATI

Due esempi, due esperienze analoghe, svolte in due luoghi divenuti attrazioni turistiche: due deserti, in Giordania ed in Marocco, visitati a distanza di due settimane l’uno dall’altro. 

ti ci potrebbero volere 10′ minuti di lettura, per raggiungere il Sahara ci vogliono 10 ore invece

I deserti sono luoghi dal fascino indescrivibile che, per antonomasia, non dovrebbero essere abitati; ma proprio a causa della loro conformità unica (o per moltissime altre ragioni, che potrebbero essere analizzate in separata sede), hanno visto negli ultimi anni, masse di curiosi avventurarsi alla scoperta del posto, ovviamente a caccia di un’esperienza autentica. I deserti sono diventati non troppo inconsapevolemente e non troppo lentamente delle destinazioni.

I turisti popolano i deserti da ormai una trentina d’anni in maniera assidua e continuativa, ed i beduini – storicamente i padroni del deserto, nonché gli unici che vivevano in un luogo tutto sommato inospitale – nel mentre hanno adeguato gli standard dell’offerta, elevando a business la tanto celebre “ospitalità beduina”. Hanno reso accessibile alle masse un luogo altrimenti inaccessibile. Hanno deciso di esibirci – fieramente – la loro terra (o meglio, le loro sabbiose dune). Si sono arricchiti ed hanno generato posti di lavoro per intere famiglie, mettendo da parte l’iniziale timore verso i primi esploratori. Quelli che venivano accolti tra lo stupore generale nelle loro tende, senza doccia, né luce, e con sbeccati bicchieri di thè. Loro vivevano esperienze autentiche? Sicuramente stavano al fianco degli abitanti del luogo, e con loro vivevano il deserto, forse per poterle fare ora, bisognerebbe avere una macchina del tempo.

DESERTO DI WADI RUM – GIORDANIA
250.000 visitatori anno (dati 2018; ministero turismo giordano)

Purtroppo, la Giordania non è molto ben servita con i mezzi pubblici, arrivarci da Amman non è quindi stato facile: autobus + macchina di fortuna, pagata 4 volte il biglietto del bus, per 7 ore di viaggio totale. L’auto si ferma, vi è una sbarra, presidiata da uomini in divisa. Siamo al Visitor

Center di Wadi Rum. Struttura all’avanguardia, pullula di gente accartocciata e assopita dalle ore di viaggio; negli ultimi chilometri il paesaggio è mutato, grandi montagne formano un canyon, dove nel mezzo scorre una striscia di cemento, penisola circondata da sabbia. Ci chiedono il Jordan pass (visto turistico rilasciato all’aeroporto che comprende più di quaranta attrazioni nel paese, tra cui anche questa) e dove avremmo dormito.
Controllo superato, rispondendo sommariamente alle domande. Non ci era chiaro dove avremmo dormito, avevamo avuto solamente una conversazione WhatsApp con Mohamed, il “nostro” beduino. Procediamo in macchina oltre la sbarra e l’asfalto termina in un agglomerato di case (questo tratto extra ci costa 7€, ma a questo punto…). Un parcheggio, un chiosco, una scuola. Aspettiamo Mohamed. Ci carica sul suo 4×4 e con lui ci avventuriamo, superando altri 4×4 ed inseguendoci a vicenda nei luoghi designati dal tour: qui hanno girato dei film che non ho visto, e probabilmente mai vedrò (tra i quali Lawrence d’Arabia, uno Star Wars e un Transformers), qui c’ è un canyon, qui vengono bene le foto. C’è traffico nel deserto. Ad ogni tappa ci offrono il thè nelle tende, dove tra le altre cose sono acquistabili prodotti autentici fatti dalle signore beduine con maestria e sapienza. Autentici capito? Non come gli stessi orpelli che sono in vendita in tutta la Giordania si intende.

L’ultima stazione del nostro tour nel deserto è l’accampamento dove mangeremo e dormiremo. A turno le varie guide scaricano i loro assistiti per la cena, dando loro appuntamento il giorno dopo alla tal ora, in base all’attività che hanno prenotato. Mohamed, ha due figli, fa questo lavoro da ormai 15 anni e parlando con la gente ha appreso un inglese discreto, ha visto il deserto cambiare, popolarsi di accampamenti e di persone. A cena si ferma con noi (unico tra i suoi colleghi), ha voglia di chiacchierare. Ci racconta di quando ai mondiali i beduini si ritrovano per guardare le partite, di come funziona il sistema scolastico e di quanto è allargata la sua famiglia. Per esempio, suo padre, lui è un pastore, vive in un accampamento che dista diverse ore di auto, il “deserto vero” pare dirci tra le linee; uno dei pochi ad aver mantenuto la professione originale beduina, lo spirito autentico, sarebbe bello poterlo incontrare, ma ci vuole tempo per l’autenticità; e soprattutto essa deve essere aperta e disponibile al dialogo. Mohamed è stato una volta sola a Petra, meta che dista un’ora e mezza di macchina, e che il 90% della gente visita, o prima o dopo la tappa nel suo deserto. Ci è stato 16 anni fa, chissà che autentica doveva essere all’epoca! Fuma le sue sigarette, Winston blue, beve la coca cola e ci saluta, si è fatto tardi.

Le attività al campo proseguono, ci sono almeno un’altra dozzina di persone, di tutte le nazionalità ed età. Il deserto accoglie tutti, senza distinzione di valuta. I beduini sono felici, hanno voglia di intrattenere gli ospiti. Lasciano la cassa della musica in mano a degli ospiti turchi, che ci deliziano con danze attorno al fuoco, non lo sentiamo crepitare purtroppo, ma in compenso sentiamo la musica a tutto volume. In generale non è un deserto particolarmente silenzioso, anche durante il giorno, tra una jeep e l’altra, si intuisce il silenzio, il vento, il nulla; ma bisogna cercarli. Sono le 23, ci attende una sveglia all’alba. Ci ritiriamo nella nostra capanna ad ascoltare il concerto, ringraziando che almeno il WiFi non funzioni. A Wadi Rum si può pernottare anche all’interno di “bolle trasparenti” per poter ammirare al meglio le stelle. Non manca certo la differenziazione dell’offerta. Un’autentica customer care.

Esperienza Wild: 5/10
In che anno avrei voluto visitarlo: 2004
Qualità del cibo rispetto al resto del paese: 6/10
Quanto ho pagato: 75€ per 1 notte (mezza pensione) + giro in 4×4

DESERTO DI MERZOUGA – MAROCCO
100.00 visitatori anno (dati 2017; ministero turismo marocchino)

Sahara. IL deserto. Quello vero, quello dei documentari che vedevo da bambino. Sponda marocchina, giusto a 10 ore di auto dalla caotica Marrakech, pressoché irraggiungibile con mezzi pubblici, decidiamo di unirci ad un tour organizzato: due notti, una di avvicinamento, svariate attività e tappe forzate, tanti chilometri a bordo di un minibus da 20 posti colmo di diverse nazionalità rappresentanti 4 continenti (peccato mancasse una delegazione oceanica). 

Paesaggi molto variegati e cittadine di varie dimensioni ci accompagnano fino all’arrivo al villaggio di Merzouga, dove l’autista Said, ci smista in 3 gruppetti per essere rispettivamente raccolti dai berberi, gli abitanti del deserto. Siamo giunti alle porte del Sahara. In lontananza le montagne che ci separano dall’Algeria. Con i nostri compagni di avventura, una coppia del Congo ed una filippina, stabilita in Europa, veniamo scaricati dinnanzi ad un hotel – apparentemente – in costruzione. Attraversiamo il cantiere sospettosi, e al suo interno troviamo invece un altro hotel già edificato, con tanto di piscina. Confusi, facciamo il check-in come da richiesta del cortese addetto. Esibiamo i nostri passaporti a sancire il nostro arrivo ufficiale nel deserto. Dobbiamo aspettare un’ora prima che ci vengano a recuperare per poi andare all’accampamento, ma nel mentre ci dicono che possiamo fare il bagno*. All’accampamento ci arriveremo dopo, e ci arriveremo con grande stile, come solo i berberi erano abituati a fare prima che i turisti rubassero loro la pratica del cavalcare i dromedari. Oggi i berberi si muovono a bordo di 4×4, o tutt’al più a piedi. L’attività prevede un’ora e mezza di camminata a bordo di dromedari: sabbia sabbia sabbia e ancora sabbia. Tra una duna ed un servizio fotografico ci fermiamo ad ammirare quello che dovrebbe essere il tramonto, ma ne approfittiamo più che altro per conoscere Yassin. Ha 18 anni (anche se ci tiene a specificare che li compie tra 10 giorni) e da due lavora con i turisti, così sta imparando l’inglese, oltre a quello imparato a scuola a Merzouga, ha due sorelle più piccole. Yassin con i suoi abiti berberi colora il deserto, con il suo sorriso ce lo fa apprezzare.

Suo padre fa il suo stesso lavoro, la madre confeziona souvenir autentici per turisti, quelli che ancora sono riuscito a non comprare. Tutto gira intorno al turismo ormai. Qui si immagina il suo futuro. Gli piace. Risponde alle nostre domande con la semplicità del diciottenne. Quando gli chiediamo se nel suo accampamento ha la luce e l’acqua ci guarda con quell’aria come se gli avessimo chiesto qualcosa di scontato. Perché non dovrebbe avercele? Ci scambiamo l’Instagram e ci salutiamo.

Sulla via del ritorno raccogliamo insieme alcuni rifiuti di plastica che vagano in questo mare di sabbia, esattamente come vagano nel mare di acqua. Yassin divertito inizia anche lui a raccogliere bottiglie abbandonate da altri visitatori. Dice che spesso ha visto turisti lanciare plastica nel deserto. Lo esortiamo a sgridarli se dovesse ricapitare. Lui può. Lui ci abita lì!
La serata procede con del cibo berbero servito all’interno di un tajine decorato, dormiamo in una delle 20 casette/tende allestite nell’accampamento, lasciandoci intuire che eravamo ben lungi dalla massima capienza. Giusto un paio di suonate di bonghi, ma andremo a letto presto, all’alba si torna in sella al dromedario, per concludere la nostra esperienza, questa volta senza Yassin, ma con un anziano beduino di poche parole, che cammina quieto in abiti tradizionali, guidando i dromedari verso l’autenticità.

Esperienza Wild: 6/10
In che anno avrei voluto visitarlo: 2001
Qualità del cibo rispetto al resto del paese: 5/10
Quanto ho pagato: 75€ 2 notti (mezza pensione) + una notte di avvicinamento + 2 escursioni cammello + viaggio da Marrakech (+550km)


*eticamente sarei contrario all’acqua sprecata ai confini dei deserti. Ma ormai è lì, piena ed azzurra, artefatta ad hoc per soddisfare i bisogni dei turisti, e poi fa caldo, nonostante la brezza di scirocco o quel vento che ogni tanto si dice venire dal deserto, insomma. La mia presenza potrebbe cambiare le cose? Fare il bagno significherebbe rendermi complice di questo spreco? Non lo so, sono confuso, forse in preda ad allucinazioni. Forse è questo che si intende per “oasi nel deserto”. Quando non so come comportarmi alla fine va a finire che faccio le cose più logiche, che colgo la palla al balzo e non mi lascio perdere le occasioni; è così, che entrando penso da quanto tempo non mi immergo in una piscina. Sicuramente tanto.

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